Agata nacque a Catania, come si deduce
dal M.R., verso il 230. Secondo la “Passio Sanctae
Agathae”, risalente alla seconda metà
del V secolo e di cui esistono due
traduzioni, una latina e due greche, Agata
apparteneva ad una ricca e nobile famiglia
catanese. Il padre Rao e la madre Apolla,
proprietari di case e terreni coltivati,
sia in città che nei dintorni, essendo
cristiani, educarono Agata secondo la loro
religione. Secondo la tradizione si consacrò a
Dio all'età di 15 anni, ma studi più
approfonditi indicano come più probabile la
maggiore età di 21: non prima di questa
età, infatti, una ragazza poteva essere
consacrata diaconessa, cosa che, da vari
segni - la tunica bianca e il pallio rosso
- pare che effettivamente Agata
fosse. Si può quindi, a ragione, immaginarla,
più che come una ragazzina, piuttosto come
una giovane donna con ruolo attivo nella
sua comunità cristiana: una diaconessa
aveva infatti il compito, fra gli altri, di
istruire i nuovi adepti alla fede cristiana
e preparare i più giovani ai sacramenti del
battesimo, eucarestia e
cresima.Tra il 250 e il 251
il proconsole Quinziano, giunto
alla sede di Catania, anche con l'intento
di far rispettare l'editto dell'imperatore
Decio, che chiedeva a tutti i cristiani di
abiurare pubblicamente la loro fede, si
invaghì della giovane e, saputo della
consacrazione, le ordinò, senza successo,
di ripudiare la sua fede e di adorare gli
dei pagani. Al rifiuto deciso di Agata il
proconsole l’affidò per un mese ad una
cortigiana di nome Afrodisia con lo scopo
di corromperne i princìpi. Ma, sconfitta e
delusa, Afrodisia riconsegna Agata a
Quinziano dicendo: “Ha la testa più
dura della lava
dell’Etna”. Allora furioso, il
proconsole imbastì un processo contro di
lei; questa si presentò vestita da schiava
come usavano le vergini consacrate a
Dio: “Se sei libera e
nobile” le obiettò il
proconsole, “perché ti comporti da
schiava?” e lei
risponde“Perché la nobiltà suprema
consiste nell’essere schiavi del
Cristo”. Il giorno successivo altro
interrogatorio accompagnato da torture: è
lacerata con pettini di ferro, scottata con
lamine infuocate, ma ogni tormento invece
di spezzarle la resistenza, sembrava darle
nuova forza, allora Quinziano, al colmo del
furore, le fece strappare o tagliare i seni
con enormi tenaglie. La tradizione indica
che nella notte venne visitata da S.
Pietro che la rassicurò e ne risanò le
ferite. Trascorsi altri quattro giorni nel
carcere, viene riportata alla presenza del
proconsole il quale, visto le ferite
rimarginate, domanda incredulo cosa fosse
accaduto, allora la vergine
risponde: “Mi ha fatto guarire
Cristo”.Ormai Agata costituiva una
sconfitta bruciante per Quinziano, che non
poteva sopportare oltre; intanto il suo
amore si era tramutato in odio e allora
ordina che venga bruciata su un letto di
carboni ardenti, con lamine arroventate e
punte infuocate. A questo punto, secondo la
tradizione, mentre il fuoco bruciava le sue
carni, non brucia il velo che lei portava;
per questa ragione “il velo di
sant’Agata” diventò da subito una delle
reliquie più preziose: esso è stato portato
più volte in processione di fronte alle
colate della lava dell’Etna, avendo il
potere di fermarla.Mentre Agata spinta nella
fornace ardente muore bruciata, un forte
terremoto scuote la città di Catania e il
Pretorio crolla parzialmente seppellendo
due carnefici consiglieri di Quinziano; la
folla dei catanesi, spaventata, si ribella
all’atroce supplizio della giovane vergine,
allora il proconsole fa togliere Agata
dalla brace e la fa riportare agonizzante
in cella, dove muore qualche ora dopo, il 5
febbraio 251.Nel 1040 le reliquie della
santa, furono trafugate dal generale
bizantino Giorgio Maniace, che le trasportò
a Costantinopoli. Nel 1126 due soldati
dell’esercito bizantino, di nome Gilberto
(provenzale) e Goselino (calabrese), le
rapirono per consegnarle al vescovo di
Catania Maurizio nel Castello di Aci. Il 17
agosto 1126, le reliquie rientrarono nel
duomo di Catania.Questi resti sono oggi
conservati in parte all'interno del
prezioso busto in argento (parte del
cranio, del torace e alcuni organi interni)
e in parte dentro a reliquiari posti in un
grande scrigno, anch'esso d'argento
(braccia e mani, femori, gambe e piedi, e
il velo).Fra i numerosi miracoli, attribuiti a
S. Agata nel corso dei secoli, è quanto mai
significativo il seguente: appena un anno
dopo la sua morte, nel 252, Catania venne
colpita da una grave eruzione dell'Etna;
questa ebbe inizio il 1° febbraio e aveva
già distrutto alcuni villaggi alla
periferia di Catania. Il popolo andò in
cattedrale e preso il velo di S. Agata lo
portò in processione nei pressi della
colata. Questa, secondo la tradizione, si
arrestò dopo breve tempo. Era il giorno 5
di febbraio, la data del martirio della
vergine catanese; da allora S. Agata
divenne non soltanto la patrona di Catania,
ma la protettrice contro le eruzioni
vulcaniche e poi contro gli
incendi.Per più di quindici volte, dal 252 al
1886, Catania è stata salvata dalla
distruzione della lava. Ed è poi stata
preservata nel 535 dagli Ostrogoti, nel
1231 dall'ira di Federico Il, nel 1575 e
nel 1743 dalla peste.Dal 3 al 5 febbraio, Catania
dedica alla sua “Santuzza”, una grande festa, misto
di fede e di folklore, considerata tra le
principali feste cattoliche a livello
mondiale per affluenza.Tra gli elementi
caratteristici della festa c’è il fercolo
d'argento chiamato a
vara, dentro il quale sono custodite le
reliquie della Santa; esso viene portato in
processione insieme ad
undici candelore o
cannalori appartenenti ciascuna alle
corporazioni degli artigiani cittadini.
Tutto avviene fra ali di folla che agita
bianchi fazzoletti e
grida “Cittadini, cittadini, semu tutti
devoti tutti”.Significato del nome Agata :
“ buona, virtuosa”
(greco)(wwwvangelodelgiorno.org).
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